Pino Arlacchi: "L’attacco di Panebianco a D’Alema rivoltogli dalle colonne del “Corriere della Sera” è profondamente sbagliato.
5 gen. 2013 - «Massimo d’Alema ha di sicuro dei punti deboli in politica interna, ma solo un estremista pro-Israele come Angelo Panebianco può tacciarlo di estremismo anti-israeliano». Lo dichiara Pino Arlacchi, membro della Commissione Esteri del Parlamento Europeo e responsabile sicurezza internazionale del PD.
I fan di Antonio Ingroia sono allarmati. I cronisti che negli ultimi anni hanno visto il loro status lievitare sulle, chiamamole così, indiscrezioni della Procura di Palermo fino al punto da fare invocare la separazione anche delle loro carriere da quelle degli inquirenti, non capiscono bene cosa stia succedendo. Altri prendono le distanze dagli attacchi a testa bassa che il loro ex eroe sferra contro l'establishment istituzionale e contro l'antimafia responsabile e legalitaria che l’ha finora tollerato. Ma pochi si rendono conto della coerenza delle posizioni espresse dal pm siciliano. Si tratta in realtà di una narrativa politica organica da considerare come tale, e da non liquidare sommariamente. Dopo avere concluso un’inchiesta che accusa i vertici "puliti" dello Stato - quelli del 1992-93 guidati da Oscar Luigi Scalfaro - di avere condotto una sordida trattativa con Cosa Nostra nello stesso momento in cui dichiaravano di volerla distruggere, trattativa che sarebbe costata addirittura la vita di Borsellino, Ingroia ha alzato il tiro. Ha accusato la Corte Costituzionale di avere emesso una sentenza politica dandogli torto in un conflitto con il Presidente della Repubblica. Napolitano è stato accusato a sua volta dalla muta giornalistica pro-Ingroia di coprire i reati commessi da un suo sodale della Prima Repubblica, Nicola Mancino, ministro dell’Interno durante la cosiddetta trattativa. Che sarebbe perciò l'atto fondante di una seconda Repubblica nata sulla menzogna e sul compromesso tra Berlusconi e la sinistra 'normale'.
I fan di Antonio Ingroia sono allarmati. I cronisti che negli ultimi anni hanno visto il loro status lievitare sulle, chiamamole così, indiscrezioni della Procura di Palermo fino al punto da fare invocare la separazione anche delle loro carriere da quelle degli inquirenti, non capiscono bene cosa stia succedendo. Altri prendono le distanze dagli attacchi a testa bassa che il loro ex eroe sferra contro l'establishment istituzionale e contro l'antimafia responsabile e legalitaria che l’ha finora tollerato. Ma pochi si rendono conto della coerenza delle posizioni espresse dal pm siciliano. Si tratta in realtà di una narrativa politica organica da considerare come tale, e da non liquidare sommariamente. Dopo avere concluso un’inchiesta che accusa i vertici "puliti" dello Stato - quelli del 1992-93 guidati da Oscar Luigi Scalfaro - di avere condotto una sordida trattativa con Cosa Nostra nello stesso momento in cui dichiaravano di volerla distruggere, trattativa che sarebbe costata addirittura la vita di Borsellino, Ingroia ha alzato il tiro. Ha accusato la Corte Costituzionale di avere emesso una sentenza politica dandogli torto in un conflitto con il Presidente della Repubblica. Napolitano è stato accusato a sua volta dalla muta giornalistica pro-Ingroia di coprire i reati commessi da un suo sodale della Prima Repubblica, Nicola Mancino, ministro dell’Interno durante la cosiddetta trattativa. Che sarebbe perciò l'atto fondante di una seconda Repubblica nata sulla menzogna e sul compromesso tra Berlusconi e la sinistra 'normale'.
''L'attacco a tutto campo di Antonio Ingroia al segretario Pd e al Procuratore Grasso non e' cosi' sconsiderato come sembra. E' animato dalla stessa logica che ha portato alla costruzione mediatica della figura di Ingroia e alla sua candidatura a capo di una formazione estremista''. Lo afferma, in una nota, Pino Arlacchi, europarlamentare Pd, sociologo ed amico e collaboratore di Giovanni Falcone.
''Dopo avere messo in piedi un'inchiesta che e' la caricatura di quelle condotte da Falcone e giudicate da Grasso, perche' senza prove ne' indizi - ha aggiunto Arlacchi - l'imperativo e' quello di spararla sempre piu' grossa, in modo da poter fare la vittima politica nel momento della resa dei conti giudiziaria. Seguendo le tracce di altri pm meridionali che si sono dichiarati vittime della ragion di Stato invece che della propria debolezza professionale, Ingroia si sta costruendo una linea difensiva in vista del flop della sua indagine su mafia-stato sul piano dibattimentale, nel caso ci arrivi''. (ANSA).
''L'attacco a tutto campo di Antonio Ingroia al segretario Pd e al Procuratore Grasso non e' cosi' sconsiderato come sembra. E' animato dalla stessa logica che ha portato alla costruzione mediatica della figura di Ingroia e alla sua candidatura a capo di una formazione estremista''. Lo afferma, in una nota, Pino Arlacchi, europarlamentare Pd, sociologo ed amico e collaboratore di Giovanni Falcone.
(ANSA) -Catanzaro, 27 dic. 2012- Pino Arlacchi, responsabile sicurezza internazionale del PD, interviene sulla candidatura alle elezioni politiche di Piero Grasso, invitando ''a non confondere il Procuratore nazionale antimafia con Ingroia perche' 40 anni di servizio fanno la differenza''.
(ANSA) -Catanzaro, 27 dic. 2012- Pino Arlacchi, responsabile sicurezza internazionale del PD, interviene sulla candidatura alle elezioni politiche di Piero Grasso, invitando ''a non confondere il Procuratore nazionale antimafia con Ingroia perche' 40 anni di servizio fanno la differenza''.
''Non approvo in linea di principio - afferma Arlacchi, che e' stato il fondatore della Dia e Direttore del Programma antidroga dell'ONU - le candidature dei magistrati perche' possono alimentare sospetti su loro decisioni passate e danneggiare cosi' la reputazione di imparzialita' dei giudici. Mi rendo conto, pero', che in questo momento tutti i partiti, eccetto quello di Berlusconi, stanno cercando di migliorare la qualita' della loro rappresentanza parlamentare. Comprendo percio' la decisione del mio partito sulla candidatura di Grasso. Tra pochi mesi Bersani si trovera' a governare un Paese afflitto da seri problemi di sicurezza pubblica ed e' necessario far valere a tutto campo competenze solide ed affermate come quella dell' attuale Procuratore antimafia''.
Leggo e rileggo carte giudiziarie da più di trent’anni e devo confessare che poche volte mi è capitato tra le mani un documento così scadente come la memoria dei PM di Palermo sulla cosiddetta trattativa stato-mafia del 1991-92. Non si tratta in effetti di un documento giudiziario, ma di una tirata politica di 26 pagine, che come tale non contiene né indizi né prove.
Salvo considerare prove le dichiarazioni di tre pentiti, gli accordi tra un confidente mafioso e un paio di carabinieri spregiudicati, oppure indizi le perplessità espresse da varie autorità del tempo sulla legge 41bis, il carcere duro per i mafiosi.
Nell’ inchiesta sulla presunta trattativa, le ovvie incertezze nel ricordare episodi e date di vent’anni fa da parte di testimoni incensurati sono diventate false testimonianze. E sono state ritenute invece credibili le dettagliatissime - e proprio per questo sospettabilissime - deposizioni su fatti della stessa epoca fornite da impostori da quattro soldi come Massimo Ciancimino. O da una sfilza di ex-killer, (Spatuzza and company) che in quanto tali non potevano sedere al tavolo dei negoziati ed hanno perciò parlato per sentito dire.
Chi conosce anche superficialmente queste materie non può non restare sconcertato dalla pressochè completa assenza di riscontri alle dichiarazioni delle “fonti” di cui sopra. Se non viene corroborata da verifiche solide, raccolte con metodi rigorosi, infatti, la parola di un pentito non vale nulla. E quella di un testimone palesemente falso, imputato di calunnia nel medesimo procedimento, vale ancora meno.
Leggo e rileggo carte giudiziarie da più di trent’anni e devo confessare che poche volte mi è capitato tra le mani un documento così scadente come la memoria dei PM di Palermo sulla cosiddetta trattativa stato-mafia del 1991-92. Non si tratta in effetti di un documento giudiziario, ma di una tirata politica di 26 pagine, che come tale non contiene né indizi né prove.
Salvo considerare prove le dichiarazioni di tre pentiti, gli accordi tra un confidente mafioso e un paio di carabinieri spregiudicati, oppure indizi le perplessità espresse da varie autorità del tempo sulla legge 41bis, il carcere duro per i mafiosi.
Nell’ inchiesta sulla presunta trattativa, le ovvie incertezze nel ricordare episodi e date di vent’anni fa da parte di testimoni incensurati sono diventate false testimonianze. E sono state ritenute invece credibili le dettagliatissime - e proprio per questo sospettabilissime - deposizioni su fatti della stessa epoca fornite da impostori da quattro soldi come Massimo Ciancimino. O da una sfilza di ex-killer, (Spatuzza and company) che in quanto tali non potevano sedere al tavolo dei negoziati ed hanno perciò parlato per sentito dire.
L'europarlamentare Pino Arlacchi a Skytg 24 in occasione del ventennale della DIA.
19 dic. 2012
Servizio di Chiara Cerqueti
Arlacchi: "Non siamo ancora riusciti a sradicare le mafie completamente" . Sulle polemiche relative alle presunta trattativa tra la criminalità organizzata e lo Stato ha commentato: "Si tratta in buona parte di una bufala mediatico-giudiziaria"
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Non sono una persona complicata. La mia vita pubblica ruota intorno a due cose: il tentativo di capire ciò che mi circonda, da sociologo, e il tentativo di costruire un mondo più decente, da intellettuale e militante politico.
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