Un libro da non perdere che prende di petto i grandi problemi del nostro tempo
Il Mattino
13-03-2009
di Mauro Calise
Sono sempre più rari i libri capaci di prendere di petto i grandi temi del nostro tempo e capovolgerne il senso comune. Ancor più rari se, invece di ricorrere alla formula agile e facile del pamphlet, lo fanno col corredo rigoroso di un solido impianto scientifico. E riuscendo tuttavia a preservare uno stile divulgativo alla portata del lettore comune. Per queste, e molte altre ragioni, l’ultima opera di Pino Arlacchi (L’inganno e la paura. Il mito del caos globale, Il Saggiatore, pagg. 378, euro 17) è un libro assolutamente da non perdere.
Arlacchi è tra i più autorevoli e innovativi sociologi italiani, autore, trent’anni fa, di un testo sulla mafia come attore imprenditoriale che mutò radicalmente l’approccio, sia culturale che militare, al fenomeno.
Oggi propone un’ambiziosissima lettura della crisi internazionale come frutto, prevalentemente, del ritorno a una logica di guerra, foraggiata dal complesso militare-industriale americano e amplificata da un sistema mediatico che, piuttosto che scandagliare e denunciare fatti e numeri, preferisce accodarsi alle dinamiche di allarme sociale che hanno funestato l’ultimo decennio. La tesi non è nuova, ed è echeggiata, in modo per lo più sommario, in vari circoli radicali e, per lo più, antiamericani. Nell’analisi di Arlacchi, invece, non c’è alcun bias ideologico ma solo la lucida e accurata ricostruzione dei principali protagonisti su uno scacchiere estremamente complesso. Aggiungendo, alla mole di statistiche puntuali e rivelatrici, una prospettiva storica estremamente illuminante.
Come nei capitoli che esaminano il ritorno della Cina, e dell’Asia più in generale, al centro della scena mondiale, dopo una breve parentesi di minorità e soggezione all’Occidente. In realtà, l’impero celeste paga, negli ultimi centocinquant’anni, il prezzo di una stagione lunghissima di pace - interna e internazionale - durata la bellezza di sei secoli. Secoli in cui il vantaggio tecnologico dell'invenzione della polvere da sparo viene ceduto a cuor leggero agli europei, coi risultati che gli invasori occidentali avrebbero presto incassato. Il ritorno dei paesi asiatici, e il nuovo ruolo che per essi si prospetta, è uno dei fili conduttori del libro. Accanto a una spietata denuncia del grande inganno mediatico imbastito, complici la Casa Bianca e il Pentagono, sulla reale entità, diffusione e ubicazione del terrorismo. A partire dal clamoroso paradosso, per cui «nonostante non vi fossero dubbi sulle responsabilità di Bin Laden e del suo gruppo, al Quaeda (…) la forza d'urto del contrattacco americano si è scagliata contro obiettivi solo contigui al terrorismo fondamentalista (i talebani dell’Afghanistan) o addirittura privi di legami con esso, come l'Iraq di Saddam Hussein». Scavando sotto le macerie - belliche e finanziarie - di queste manipolazioni, e questi errori, si scoprono le linee portanti di un nuovo ordine mondiale che non vedrà più gli Usa come forza egemone e dominatrice.
La prospettiva di un’alleanza euroasiatica è la nuova scommessa geopolitica su cui molti stanno puntando, e tenacemente lavorando. Anche grazie alla disattenzione dei media che continuano ad aspettarsi da Obama la panacea di tutti i nostri mali.