Roma, 9 feb. 2015
di Pino Arlacchi
La crisi ucraina è iniziata un anno fa, ed è evidente che la Russia sta vincendo la partita su quasi tutta la linea.
E ciò perché a) le sanzioni contro Putin non hanno funzionato; b) l’ economia ucraina si sta disintegrando; c) le forze armate del governo non reggono il confronto militare e cedono sempre più terreno ai separatisti dell’ Est; d) il resto del mondo ed i cittadini europei disapprovano questo ripristino immotivato della guerra fredda.
A dispetto di ciò, un coro di voci che vanno dai generali della NATO agli interventisti liberali e della destra USA, fino a un gruppo di piccoli paesi europei più la Polonia, premono per armare l’ Ucraina, dotandola delle armi più avanzate.
Si sbagliano. E di grosso. E più si ostineranno a proseguire lungo questa strada, più lo sbaglio si ingrandirà. Inviare armi all’ Ucraina non salverà il suo esercito dalla sconfitta e porterà solo ad una escalation dei combattimenti, delle distruzioni e delle morti. Perché?
Perchè la Russia risponderà colpo su colpo. Se Kiev riceverà i missili Javelin, i ribelli riceveranno i 9M133 Kornets. Se da un lato ci saranno i radar capaci di individuare l’origine dei proiettili, lo stesso accadrà dall’ altro lato. Anzi, è già accaduto.
Il gioco è altamente pericoloso, soprattutto perché la Russia si è dotata di recente di una possente macchina bellica convenzionale, dispone di migliaia di armi nucleari ed è impegnata a difendere un interesse strategico vitale. E gli americani no. Perché stanno a 8mila chilometri di distanza, non sono minacciati da nessuno, e la maggioranza di loro non saprebbe neppure trovare l’ Ucraina su una carta geografica.
Ma neppure noi siamo minacciati, ed è per questo che, stando ai polls sulla Russia e l’ Ucraina, i cittadini europei non stanno ascoltando né i loro governi né i media che sembrano aver perso la testa in un delirio antirusso.
In conclusione, perciò, non esiste alcuna seria possibilità da parte euro-americana di vincere un confronto militare sull’ Ucraina sconfiggendo la Russia su un campo di battaglia.
La Merkel è ben consapevole di questo fatto, e non ne fa mistero. La Francia, l’ Italia, il Regno Unito ed altri paesi europei ne sono pure edotti, ed è soprattutto per questo che l’ altro giorno i ministri della difesa riuniti a Bruxelles hanno concordemente escluso l’ opzione militare sulla crisi ucraina.
Ma i fans delle armi all’ Ucraina hanno una seconda linea di argomentazione.
Il nostro obiettivo, dicono, non deve essere la sconfitta militare della Russia, ma fare in modo che il costo del conflitto diventi così alto da costringere Putin a retrocedere. Fino ad obbligare Mosca a ritirare le sue truppe dall’ Ucraina, consentendole così di esercitare la sua scelta occidentale entrando nell’ Unione europea e nella NATO.
Ma anche questa strategia è sbagliata. Chi la propone non riesce a capire una cosa basilare. La leadership del Cremlino è convinta che ad essere in ballo in Ucraina sono gli interessi strategici fondamentali del paese, in difesa dei quali è pronta a sopportare ogni costo. Qualunque sia la punizione l’ Occidente creda di poterle imporre, perciò, la Russia reagirà con tutte le sue forze.
Chi crede di poter alzare la posta militare contro la Russia non sa calcolare altre conseguenze. Quali l’ allargamento della ribellione ad altre aree dell’ Ucraina, e gli effetti devastanti sulla popolazione civile di un paese già in ginocchio economicamente e moralmente.
Oppure la possibilità che la Russia si senta ad un certo punto messa in un angolo, e tenti di ribaltare la situazione agitando lo spettro nucleare. E’ vero che l’ incoscienza del senatore MacCain e di altri suoi colleghi che pensano di essere gli unici depositari del’ assoluto morale e nucleare sembra non avere limiti, ma occorre che qualcuno si decida a farli ragionare.
L’ unica via d’ uscita dalla crisi ucraina, allora, è quella diplomatica, e l’ Europa sembra decisa a perseguirla. I maggiori paesi dell’ Unione si sono dissociati dagli Stati Uniti e non invieranno armi a Kiev, ma il loro problema è che non sanno cosa fare per chiudere la crisi.
O meglio, hanno intravisto fin dall’ inizio la soluzione ma non hanno elaborato la roadmap per raggiungerla. Forse perché la coscienza di molti leader europei è offuscata dall’ illusione - perseguita copertamente dal 2009 attraverso la cosiddetta “politica del partenariato orientale” – di far uscire l’Ucraina dall’ orbita della Russia, incorporarla nell’ Occidente euroamericano e pretendere che il governo russo stia a guardare.
Per salvare l’ Ucraina, e con ciò ristabilire un buon rapporto con un paese europeo e amico come la Russia, dovremmo spingere perché l’ Ucraina diventi un paese neutrale, non allineato né con la Russia né con la NATO, come l’ Austria e la Finlandia durante la guerra fredda. Un paese federale, che riconosca larga autonomia alle sue componenti linguistiche, storiche e culturali. Un Ucraina da ricostruire con la cooperazione della Russia, e da liberare dalla presa mortale dell’ oligarchia.
Occorre invitare la Russia in questa direzione, che comporta la cessazione dell’ uso delle armi nell’ Ucraina dell’ Est e il ritorno di questa regione sotto la sovranità di Kiev. Nel massimo rispetto dell’ autonomia della regione del Donbass, e proteggendo il diritto di uso della lingua russa.
E per quanto riguarda la Crimea, lasciamola com’è: una vittima dello sconsiderato tentativo di usare la NATO e l’ Unione europea contro la Russia, per dividerla da noi invece di creare una casa comune eurasiatica.