Panorama, 23 feb. 2015
Nella crisi ucraina c'è chi cerca un nemico a tutti i costi, in un delirio antirusso. Ma gli europei non vogliono la guerra. Anche perché non percepiscono Putin come un nemico.
di Pino Arlacchi
L’ accordo firmato a Minsk la settimana scorsa può essere solo l’ intervallo tra due fasi dei combattimenti oppure l’inizio di un percorso di pace in Ucraina.
Le chance della pace dipendono da cosa sarà in grado di fare la parte più debole del conflitto, cioè il governo di Petro Poroshenko. L'opposizione europea alla minaccia americana di inviare armi all’ Ucraina, ha costretto Poroshenko a cedere sui due temi più cruciali del negoziato: l’ingresso in tempi brevi del suo paese nella NATO e l’autonomia alle repubbliche filorusse dell’Est.
La crisi ucraina è iniziata un anno fa, ed è evidente che la Russia sta vincendo la partita su quasi tutta la linea.
E questo perché le sanzioni contro Putin non hanno funzionato, l’economia ucraina si sta disintegrando, le forze armate di Kiev non hanno retto il confronto militare e hanno ceduto molto terreno ai separatisti dell’ Est e infine perché il resto del mondo, cittadini europei compresi disapprovano questo tentativo di ripristino immotivato della guerra fredda.
Le sanzioni, come avviene non di rado, hanno finito col rafforzare invece di colpire il loro bersaglio. Non hanno indotto Putin a fare alcun passo indietro, e hanno fatto impennare il consenso verso di lui al massimo storico dell’ 85 per cento. La Russia, poi, non è affatto isolata, perché il resto del mondo non la considera una minaccia alla sicurezza globale. Basta vedere quanti paesi hanno accettato l’invito euro-americano a far proprie le sanzioni contro la Russia (quasi nessuno),per misurarne la ragionevolezza.
A dispetto di ciò, un coro di voci che vanno dai generali della NATO agli interventisti liberali e della destra USA, fino ai paesi baltici e alla Polonia, premono per armare l’Ucraina, dotandola delle armi più avanzate.
Si sbagliano. E di grosso. La Russia risponderà colpo su colpo, essendosi dotata di una possente macchina bellica convenzionale, disponendo di migliaia di armi nucleari e perché è convinta di difendere un interesse strategico vitale.
Gli americani no. Perché stanno a 8mila chilometri di distanza, non sono minacciati da nessuno, e la maggioranza di loro non saprebbe neppure trovare l’Ucraina su una carta geografica.
Ma neppure noi siamo in pericolo, ed è per questo che, stando ai sondaggi sulla crisi ucraina, i cittadini europei non stanno ascoltando né i loro governi né i media che sembrano aver perso la testa in un delirio antirusso.
Quasi nessuno in Europa ha voglia di fare la guerra alla Russia per la semplice ragione che non riesce a vederne il motivo. Il comunismo sovietico ha cessato di esistere 26 anni fa. La cancelliera Merkel ha opportunamente ricordato a Barack Obama che l’impero sovietico è caduto senza spargimenti di sangue.
Da allora, i governi della Federazione russa hanno intrapreso un cammino di cooperazione e di amicizia con l’Europa e con gli Stati Uniti. Sono rientrati nella comunità internazionale, rispettandone le regole, e hanno fatto finta di non vedere quando, dopo che essi stessi avevano abolito il Patto di Varsavia, gli USA non hanno fatto lo stesso con la NATO e anzi con Bill Clinton l’hanno allargata fino quasi ai confini della Russia medesima.
A proposito della Russia, i cittadini europei non hanno sentito parlar d’altro, fino all’ anno scorso, che di partnership, collaborazione e sviluppo degli scambi su ogni piano. Nella ricerca di soluzioni condivise dei maggiori problemi globali - dal terrorismo islamista al Medio oriente, dal commercio internazionale al disarmo - Europa, Russia e Stati Uniti hanno cooperato lealmente fino a ieri.
E’ difficile perciò convincere chi vive in regimi democratici e tende a pensare con la propria testa che un paese cui qualche anno fa offrivamo addirittura di entrare nella NATO (se non, in prospettiva, nell’ Unione europea) sia divenuto di colpo il nemico. Guidato da un leader paranoide e guerrafondaio come Putin, assimilato a Hitler, Stalin e quant’altro.
E’ difficile convincerli per mancanza di fatti. Quelli disponibili vanno nella direzione contraria. La Russia post-comunista non ha intimidito, invaso né fatto guerra ad alcuno. Ha reagito quando è stata attaccata dalla Georgia nel 2008, e quando il governo di un paese confinante, dove vivono milioni di persone di lingua e cultura russa, ne ha minacciato l’ identità e gli interessi profondi. E quando ha visto i suoi stessi interessi vitali messi in gioco.
Se lasciamo da parte la retorica simil-bellica e andiamo all’osso del negoziato di Minsk, la questione è se Poroshenko sarà capace di far digerire all' estrema destra che ha dettato finora legge in Ucraina una riforma costituzionale che preveda una larga autonomia alle regioni orientali del paese.
Questioni del genere in Europa si sono spesso risolte con i negoziati, con il decentramento e con il voto. Dall’Alto Adige alla Scozia e perfino al Kosovo.
Ma c’è chi cerca il nemico russo a tutti i costi. E non riesce a trovarlo. Perché non trova persone con la testa a posto disposte a fare la guerra alla Russia per stabilire come deve essere governata una regione che è stata territorio russo fin dai tempi di Caterina II. Qual è l’interesse che deve prevalere, allora: quello degli europei che non sentono la Russia come una potenza nemica, o quello dei venditori di paura e delle industrie militari americane?