«Da anni mi batto perché la giurisdizione concreta della Corte includa quello che é stato definito come "la madre di tutti i crimini", cioè il crimine di aggressione perpetrato da singoli uomini di governo contro uno Stato estero».
di Pino Arlacchi, 29 mag.2010
Come intendo muovermi assieme ai miei colleghi parlamentari europei qui a Kampala, alla Conferenza di revisione del Trattato di Roma, che ha creato 12 anni fa la Corte penale internazionale? Da anni mi batto perché la giurisdizione concreta della Corte includa quello che é stato definito come "la madre di tutti i crimini", cioè il crimine di aggressione perpetrato da singoli uomini di governo contro uno Stato estero. Solo pochi giorni fa, il 19 maggio, il Parlamento Europeo ha approvato a larga maggioranza una coraggiosa risoluzione nella quale prende posizione proprio su questo che é il tema più scottante.
Il Parlamento si è schierato per l'adozione della definizione più netta del crimine di aggressione, quella che include “pianificazione, preparazione, inizio o esecuzione da parte di una persona che si trovi in una posizione che consenta di esercitare un controllo effettivo su, o di dirigere l’azione politica e militare di uno Stato, di un atto di aggressione che, per carattere, gravità e scala, costituisca una manifesta violazione della Carta delle Nazioni Unite”. Non solo, ma sul punto ancora più controverso, quello di chi debba prendere l'iniziativa per attivare l'azione della Corte penale internazionale su un caso di aggressione, il Parlamento Europeo ha sposato la cosiddetta “opzione numero 1”, che prevede l’assenza di qualunque filtro preventivo, incluso quello del Consiglio di Sicurezza dell' ONU.
Il filtro consiste in una autorizzazione preventiva al Prosecutor della Corte, il quale non può iniziare un’indagine se un’entità esterna non abbia prima stabilito che un possibile atto di aggressione è stato commesso. Il capofila delle possibili entità esterne é ovviamente il Consiglio di Sicurezza, ed i suoi 5 membri permanenti - tra cui due paesi membri dell'Unione come la Francia e il Regno Unito - si sono pronunciati contro l’opzione numero uno, perché decisi a garantirsi l'impunità mettendo il veto sull’inizio di qualunque indagine nei loro confronti. Ma il Parlamento Europeo, che é l’unico organo dell’Unione eletto direttamente dai cittadini, non ha tenuto conto della posizione di questi due suoi membri, anche se molto influenti e per altri versi schierati a sostegno della Corte. Il mio compito, e quello degli altri colleghi della Delegazione parlamentare, dovrebbe perciò consistere nel far valere l’orientamento del Parlamento, prima di tutto, ahimé, all’interno della Delegazione dell’Unione europea, dove i rappresentanti del Consiglio europeo e della Commissione non sembrano molto sensibili alle nostre posizioni. È questo un problema molto serio, e molto spinoso, che si aggrava ogni giorno di più dopo l'approvazione del Trattato di Lisbona: i burocrati
della Commissione e del Consiglio, alleati con i governi degli stati membri più potenti, tentano di impedire che il Parlamento ottenga gli spazi di “policy-making” che gli spettano per legge.
Esporrò su questo sito le posizioni in campo, da quella della Germania e della Spagna, diametralmente opposte a quelle di Francia e Regno Unito, fino alle posizioni simili di Italia, Belgio e paesi scandinavi. Su tutto, come sempre, aleggia il peso della posizione del Grande Assente, gli USA di Obama. Che non possono partecipare alla Conferenza neppure come osservatori perché la paranoia dei tempi di Bush ha prodotto una legge che vieta ogni finanziamento , inclusi i biglietti di viaggio per Kampala, di ogni attività collegata alla Corte penale internazionale.
Pino Arlacchi