6 giu.2013 - Ai microfoni di Radiolina, Pino Arlacchi denuncia il silenzio della Sardegna contro la decisione di trasferire nell'Isola il boss mafioso Totò Riina.
CAGLIARI. «Occorre fermare immediatamente l’arrivo di Riina e di metà di Cosa Nostra in Sardegna e a Sassari. Bisogna opporsi con tutte le forze ad una decisione dissennata che rischia di provocare un danno gravissimo all’isola sia sul piano sociale, che economico e d’immagine. È un errore sotto ogni punto di vista, tecnico e politico. Significa considerare la Sardegna una colonia dove tutto è consentito». Lo ha detto oggi in una conferenza stampa radiofonica su Radiolina in collegamento da Bruxelles il professor Pino Arlacchi, esperto sul contrasto alla mafia, assieme al deputato Mauro Pili (Pdl) da tempo in prima linea nel contrasto della decisione di trasferire in Sardegna oltre 600 mafiosi di cui 300 del regime 41 bis. Arlacchi, una delle massime autorità mondiali in tema di sicurezza umana, presidente dell’Associazione per lo studio della criminalità organizzata, amico dei giudici Falcone e Borsellino, è stato presidente onorario della Fondazione Falcone, tra gli architetti della strategia antimafia italiana negli anni novanta del XX secolo e consigliere del Ministro degli Interni. Ha redatto il progetto esecutivo della DIA, la Direzione investigativa antimafia (Dia), agenzia interforze coordinata a livello centrale.
"Purtroppo gran parte dei Fondi europei passa attraverso le Regioni ed è questo il motivo fondamentale perché l'Italia è agli ultimi posti nella spessa dei Fondi..."
Lo spiega Arlacchi nel corso della trasmissione "Zoom Europa- TG NORBA 24", a cura di Maurizio Marangelli ", 26 mag. 2013
(ANSA) - Cagliari, 6 giu 2013 - ''Occorre fermare immediatamente l'arrivo di Riina e di meta' di Cosa Nostra in Sardegna e a Sassari. Bisogna opporsi con tutte le forze ad una decisione dissennata che rischia di provocare un danno gravissimo all'isola sia sul piano sociale, che economico e d'immagine. E' un errore sotto ogni punto di vista, tecnico e politico. Significa considerare la Sardegna una colonia dove tutto e' consentito''. Lo ha detto oggi in una conferenza stampa radiofonica su Radiolina in collegamento da Bruxelles il professor Pino Arlacchi, esperto sul contrasto alla mafia, assieme al deputato Mauro Pili (Pdl) da tempo in prima linea nel contrasto della decisione di trasferire in Sardegna oltre 600 mafiosi di cui 300 del regime 41 bis.
Si è aperto a Palermo un processo inutile, basato su indizi deboli, prove e testimoni dubbi. Al suo centro c’è una cospirazione a tutto campo che non è mai esistita. Una vera trattativa tra i vertici dello Stato italiano e quelli di Cosa Nostra negli anni dal 1992 al 1994 non c’è mai stata. Per la semplice ragione che in quegli anni erano lo scontro e la complicità, e non il negoziato, a dominare i rapporti Stato-mafia, e per la ragione aggiuntiva che per la prima volta erano le forze della legalità che si avviavano a prevalere, forse definitivamente, sulla grande delinquenza organizzata. Lo scontro era esistenziale e senza margini di compromesso. Da un lato c’erano non solo la mafia, ma l’intera gamma dei poteri criminali italiani con le loro coperture nelle istituzioni. Tutti in allarme massimo. E dall’altro c’erano pezzi larghi dello Stato decisi a far prevalere la giustizia e la legalità senza sconti per nessuno.
Oscurare questi fatti e il loro contesto -l’Italia negli anni del crollo della Prima Repubblica, con l’ intera classe dirigente allo sbando sotto i colpi di Mani Pulite al Nord e dell’Antimafia al Sud – è irresponsabile. Ed altrettanto lo è l’elevazione di un episodio minore, quali i contatti privi di copertura politica tra alcuni carabinieri spregiudicati ed alcuni confidenti mafiosi, ad un negoziato complessivo tra i vertici dello Stato ed i Corleonesi per farli desistere dalla scelta stragista.
(AGENPARL) - Bruxelles, 30 mag. 2013 - "Da qualche giorno è stata pubblicata la Relazione europea sulla droga 2013, ma il documento viene quasi ignorato dai media italiani ed europei nonostante contenga dati esplosivi. Sono però esplosivi al ribasso perché vanno contro gli stereotipi profondamente radicati sulle droghe perché mostrano una declino generalizzato del traffico e del consumo delle due droghe più pericolose: eroina e cocaina. Nonché una stabilizzazione e l'inizio del calo per la droga più diffusa che è la cannabis". Lo dichiara in una nota Pino Arlacchi, eurodeputato Pd, ex direttore dell’ufficio dell’Onu per la lotta alle droghe, e tra i massimi esperti di criminalità internazionale.
Si è aperto a Palermo un processo inutile, basato su indizi deboli, prove e testimoni dubbi. Al suo centro c’è una cospirazione a tutto campo che non è mai esistita. Una vera trattativa tra i vertici dello Stato italiano e quelli di Cosa Nostra negli anni dal 1992 al 1994 non c’è mai stata. Per la semplice ragione che in quegli anni erano lo scontro e la complicità, e non il negoziato, a dominare i rapporti Stato-mafia, e per la ragione aggiuntiva che per la prima volta erano le forze della legalità che si avviavano a prevalere, forse definitivamente, sulla grande delinquenza organizzata. Lo scontro era esistenziale e senza margini di compromesso. Da un lato c’erano non solo la mafia, ma l’intera gamma dei poteri criminali italiani con le loro coperture nelle istituzioni. Tutti in allarme massimo. E dall’altro c’erano pezzi larghi dello Stato decisi a far prevalere la giustizia e la legalità senza sconti per nessuno.
Oscurare questi fatti e il loro contesto -l’Italia negli anni del crollo della Prima Repubblica, con l’ intera classe dirigente allo sbando sotto i colpi di Mani Pulite al Nord e dell’Antimafia al Sud – è irresponsabile. Ed altrettanto lo è l’elevazione di un episodio minore, quali i contatti privi di copertura politica tra alcuni carabinieri spregiudicati ed alcuni confidenti mafiosi, ad un negoziato complessivo tra i vertici dello Stato ed i Corleonesi per farli desistere dalla scelta stragista.
(AGENPARL) - Roma, 28 mag. 2013 - "La posizione anglo-francese sulla cessazione dell´embargo sull´invio di armi in Siria e´ isolata, ma ha finito col prevalere all´interno dell´Unione Europea anche perché l´Italia non ha espresso con sufficiente chiarezza il suo appoggio alla prosecuzione dell´ embargo stesso" - dichiarano Pino Arlacchi ed Antonio Panzeri, membri socialisti della Commissione Esteri del Parlamento Europeo.
"Quasi tutti i paesi dell´Unione sono contrari all´invio di armi, che equivale a spargere benzina sul fuoco della guerra civile in Siria, e diventare responsabili di ulteriori violenze sulla popolazione civile. L´invio di armi significa inoltre accrescere la militarizzazione del conflitto siriano ed allontanare la soluzione che auspichiamo con la conferenza di Ginevra del prossimo Giugno"-continuano Arlacchi e Panzeri. " Inondare l´opposizione siriana di armamenti letali significa rafforzare i gruppi islamici estremisti che combattono Assad non in nome della democrazia ma della jihad e per conto di tirannie straniere. L´interesse dell´Italia e dell´Unione Europea non puo´ essere l´opzione militare", ma quello di favorire la costruzione di un credibile percorso, a partire dalla conferenza di Ginevra, che porti tutte le parti in causa all'accettazione di un piano di pace" concludono Arlacchi e Panzeri.
(ANSA) - Catanzaro, 18 mag. 2013 - ''La richiesta della Procura di Palermo di ascoltare 178 testimoni nel processo sulla trattativa Stato-mafia, e' del tutto irragionevole e conferma la debolezza della sua inchiesta''. Lo sostiene, in una dichiarazione, l'europarlamentare del Pd Pino Arlacchi.
''Tramite il loro fronte mediatico - aggiunge - i pm palermitani annunciano l'intenzione di mettere sotto processo l'intero Stato italiano negli ultimi 40 anni''.
Secondo Arlacchi, ''i maggiori quotidiani italiani inoltre stanno proseguendo una deplorevole opera di disinformazione perche' omettono di rilevare l'improbabilita' che la Corte di Assise accolga la richiesta di un numero cosi' abnorme di testimoni''.
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Non sono una persona complicata. La mia vita pubblica ruota intorno a due cose: il tentativo di capire ciò che mi circonda, da sociologo, e il tentativo di costruire un mondo più decente, da intellettuale e militante politico.
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